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Matrimoni da favola: il Castello di Torre Alfina

Matrimoni da favola… avete mai visto il film “Il Grande Gatsby”? Film in costume di Baz Luhrmann con Leonardo di Caprio, è tratto dal romanzo omonimo di Francis Scott Fitzgerald ed è ambientato a New York durante l’estate del 1922. E di quel periodo storico e di quella città racconta tutte le sfumature, le contraddizioni, gli stili e le illusioni. Romanzo che riflette sulla natura umana e film in grado di reggere il confronto come raramente accade nella storia della filmografia. Vi chiederete il perché di un incipit dedicato ad un film americano del 2013, in un pezzo che vuole parlare di matrimoni. Perchè non parliamo di “semplici” matrimoni, ma di matrimoni da favola!

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Luci e colori dal sapore Gatsby che fanno da sfondo al simbolo di unione

La risposta non è certo nella volontà di voler promuovere matrimoni in maschera. Ma ci sono delle atmosfere e dei luoghi che a volte, pur lontani mille miglia nel tempo e nello spazio, ispirano matrimoni fuori da ogni aspettativa. E’ il caso del Castello di Torre Alfina e delle tre idee di matrimonio che Tamara Gori Mariage ha saputo catturare.

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Sweet Table giocato su linee contemporanee e colori per il Castello di Torre Alfina

Matrimoni da favola: il Castello di Torre Alfina

E’ un gioco, certamente, perché ognuno legge in un luogo le atmosfere che più gli sono inclini. Ma sono convinta che ogni location racconta di sé in maniera indipendente da noi; racconta della sua personale storia e di quella delle persone che l’hanno vissuta, plasmata, costruita e recuperata. Il Castello di Torre Alfina, come ogni castello, si impone per la sua eleganza, la maestosità delle sue sale, delle sue gallerie affacciate sul cortile interno e sul giardino all’italiana, degli arazzi e dei colori intensi che li riempono, una location perfetta per matrimoni da favola, appunto.

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La splendida Galleria Cahen al primo piano del Castello di Torre Alfina

Questa è la sua prima anima. Quella che ci guida attraverso matrimoni fatti di eleganza, spesso anche di formalità cerimoniale e di accoglienza di alto lignaggio. Tessuti semplici ma pregiati, da ritrovare nei tovagliati; posateria raffinata, porcellane e cristalli nella mise en place di una tavola imperiale che si snoda lungo le linee di fuga delle grandi gallerie del piano terra e del primo piano.

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Una mise en place classica giocata sui colori dell’oro e del bronzo.

Sedie Luigi XVI per evitare le ormai inflazionate sedute rivestite con minigonna trapuntata bianca; oppure le chiavarine in stile vintage o le parigine bianche o oro, per disimpegnare un po’ l’insieme. E ancora allestimenti floreali e candelieri classici a segnare i punti focali della location ed i suoi angoli d’élite. Pochi elementi, pochi colori, spesso meglio una scelta monocromatica per un luogo già prezioso e ricco di sé, onde evitare il rischio too much. Perché la vera eleganza è sempre sottrazione.

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L’angolo della wedding cake, giocato sui toni del bianco e dell’eleganza.

Può sembrare vincolante nella sua architettura, ma il Castello di Torre Alfina conosce altri aspetti, altre anime. La seconda raccontata dai matrimoni firmati Tamara Gori Mariage è perciò un’anima più leggera, forse più informale, ma non per questo meno elegante, che gioca sulla necessità di trovare equilibri tra forme, consistenze e materiali diversi. Si lavora sui contrasti tra epoche e stili, tra classicismo e contemporaneità.

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Il tavolo dei confetti, in cui forme e materiali diversi si fondono in un tutto unico.

E allora via libera all’utilizzo di sedie minimal in policarbonato neutro e trasparente su ispirazione dell’eco architetto Philippe Starck, o ad elementi moderni in vetro o nelle nuances del bianco, dal ghiaccio al titanio, passando per la lucentezza del metallo o dell’argento. Il tutto per dare leggerezza e respiro agli ambienti e raccontare una rivisitazione contemporanea del Castello di Torre Alfina.

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Allestimento in stile contemporaneo con l’utilizzo di sedie Ghost.

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Ma il divertimento puro arriva quando tra le pieghe di luci colorate si disvela la terza anima del castello e sulle note dello swing e del jazz anni Venti, il Grande Gatsby sembra appena sceso dalla sua Rolls Royce Duesenberg Convertible gialla del 1929.

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Colori accesi, atmosfere anni Venti a New York…Anche questo è il Castello di Torre Alfina

Il gioco di luci optical, il luccichio dell’oro e dei metalli, le piume e le perle sono gli elementi immediatamente identificativi di quell’epoca su cui si può puntare per ricreare un mood unificante per un matrimonio. Le sale del Castello di Torre Alfina d’altronde sembrano ricalcare esattamente quei passi, grazie al Salone Ippolito Scalza, dove sembra quasi naturale immaginare una degustazione di whiskey, rhum e sigari d’oltreoceano.

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Sala Ippolito Scalza, al primo piano del Castello di Torre Alfina

O ancora grazie alla Sala Biliardo, dove intrattenere gli ospiti con sfide all’ultima buca. E poi magari uscire fuori a godersi lo spettacolo pirotecnico che illumina la valle sottostante, in un luogo non luogo sospeso tra Tuscia e New York.

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L’ottocentesca Sala Biliardo con pezzi d’epoca, in cui intrattenere i propri ospiti durante il matrimonio.

Ma la sfida puo’ essere lanciata a chi ne suggerisce di nuove e suggestive per realizzare matrimoni da favola, proprio come nei vostri sogni!

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Matrimonio in un castello? Castello di Torre Alfina

Chi da bambina non ha sognato di celebrare il proprio matrimonio in un castello? Da piccola adoravo le favole. Ne leggevo una via l’altra, rubando i libri che trovavo in libreria o negli scatoloni dove finiva quello che “non serviva più”. Immaginavo mondi lontani, castelli da conquistare, fanciulle da liberare. Fra intrighi di corte e pozioni magiche, viaggiavo con la fantasia verso un lieto fine sospirato e doveroso, a ritemprare l’animo dopo tanti saliscendi emozionali.

Matrimonio in un castello
Veduta fiabesca del Castello di Torre Alfina, Acquapendente (VT)

Mi chiedevo se potessero esistere e dove, i castelli disegnati su quei libri e da grande la passione per certi luoghi è rimasta. Certo non perché continuo a sognare di fragili donzelle da salvare: fortunatamente le principesse di oggi hanno conquistato altra dignità ed i loro principi azzurri sempre più spesso arrivano a bordo di una bici eco styling (anche nel caso di celebrazioni di matrimonio in un castello 😉 ), piuttosto che su di un cavallo bianco, oggi di certo ingrigito dallo smog. Oggi la mia passione per i castelli nasce dall’ammirazione della grandezza, dall’amore per l’arte, per i dipinti che ammantano le pareti. Il Castello di Torre Alfina è uno di questi.

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Matrimonio in un castello
Cortile interno del Castello di Torre Alfina illuminato a festa. Credit photo: Dario Graziani per Castello di Torre Alfina

Matrimonio in un castello: le quattro anime del Castello di Torre Alfina

Imponente, maestoso, si erge solennemente sulla collina ai cui piedi si è avviluppato il paese omonimo. Siamo in provincia di Viterbo, a Torre Alfina, appunto, frazione della cittadina di Acquapendente. Ma il suo territorio è, come si dice, triconfinale, crocevia di ieri e di oggi tra Lazio, Umbria e Toscana. Una vista da togliere il fiato dalle sue bifore, un panorama a perdita d’occhio che trova l’approdo più prossimo nel “Bosco di Biancaneve”; il suo nome è in realtà Bosco del Sasseto, ma il National Geographic ne ha associato le fattezze di questa secolare selva di latifoglie all’immaginario della nota favola dei fratelli Grimm.

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Mausoleo di Torre Alfina nel Bosco del Sasseto.

Del Castello di Torre Alfina la storia narra vicende alterne che si intrecciano con quelle della famiglia Monaldeschi della Cervara già nella metà del 1500, anche se la sua costruzione probabilmente risale già all’VIII secolo. Nasce come fortezza: in quel periodo storico, vista la sua collocazione, difendersi era la priorità; per questo le prime testimonianze sull’esistenza del Castello di Torre Alfina sono attinenti alla fondazione della Torre detta “del Cassero”.

Matrimonio in un castello
Cortile di entrata al Castello di Torre Alfina

La prima rivisitazione architettonica il Castello di Torre Alfina la subisce proprio con Sforza Monaldeschi della Cervara, primogenito della nota famiglia nobiliare orvietana che nel 1584 affidò alle stesse maestranze che lavoravano al Duomo di Orvieto, l’impresa di trasformare l’antica struttura fortificata in signorile residenza di campagna. Il modello da seguire era quello rinascimentale: grandi facciate frontali, generalmente a due piani, con loggiati che guardano ad un grande cortile con parco antistante; due ali che si aprono lateralmente, ad abbracciare “l’intima” accoglienza della residenza, spesso utilizzate per ospitare stanze di servizio.

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Matrimonio in un castello
Veduta frontale del castello di Torre Alfina, con le due ali che si aprono lateralmente

Fino alla metà del 1600 la famiglia Monaldeschi della Cervara conserva la proprietà di questa residenza signorile e di rappresentanza. Da quel momento in poi, per via ereditaria il Castello di Torre Alfina si annovera tra gli annali dei Bourbon Del Monte. A dispetto del nome di assonanza francofona, i Bourbon Del Monte furono una delle casate toscane più importanti del Medioevo e tra le più importanti famiglie aristocratiche del principato mediceo. Interessante però è anche la discendenza del Novecento della famiglia: Bourbon Del Monte sarà infatti Virginia, moglie di Edoardo Agnelli e futura madre del più famoso Gianni.

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Sala Ippolito Scalza, al primo piano del Castello di Torre Alfina

Guido Bourbon Del Monte, nel 1880, decise di vendere la proprietà del Castello di Torre Alfina al noto banchiere belga Edoardo Cahen. In questo momento inizia un’ulteriore fase di restauro del Castello, influenzata, come d’altronde accade anche oggi, dalle tendenze dell’epoca, dedite al revival neogotico di gran moda nel periodo. Da questo momento il Castello di Torre Alfina perderà la sua essenza cinquecentesca, completamente rivestito di pietra grigia di Bagnoregio grazie al progetto dell’architetto senese Partini.

Matrimonio in un castello
Cortile panoramico e in evidenza la pietra grigia di Bagnoregio che lo riveste in parte.

I grandi loggiati verranno chiusi, realizzando delle imponenti e lunghe gallerie completamente affrescate dall’artista romano Pietro Ridolfi al quale Teofilo Rodolfo Cahen, figlio di Edoardo, si rivolse per portare a termine i lavori di totale restauro iniziati dal padre. Una residenza completamente rinnovata, arricchita da marmi e da preziosi elementi d’arredo, in cui Rodolfo soggiornò fino alla promulgazione delle leggi razziali, quando abbandonò definitivamente l’Italia.

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L’imponente vaso in onice, ricavato da un unico blocco di pietra, si staglia nei saloni del castello.

Oggi l’aria cinquecentesca del castello continua a respirarsi solo nell’impostazione del cortile centrale e nella grande Sala Luzzi, che ha conservato intatto il suo pavimento antico, il grande camino e il ciclo di affreschi che celebra la famiglia Monaldeschi.

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La Sala Luzzi, ancora di respiro Cinquecentesco

Altre epoche e altre mani si sono succedute e sono raccontate dai tanti particolari che l’occhio rapisce qua e là: come i pannelli delle grandi porte, frutto dei più importanti ebanisti senesi del tempo come Tito Corsini, o come la cucina di fine Ottocento, perfettamente funzionante e messa all’opera durante matrimoni ed eventi celebrati all’interno del Castello. L’ultima essenza del Castello di Torre Alfina è infatti quella di prestigiosa location per eventi, curata in ogni particolare da Rossano Boscolo e dalla sua autorevole scuola Etoile Academy, ormai di rilevanza internazionale. Location capace di realizzare il desiderio di ogni fanciulla, celebrare il proprio matrimonio in un castello, a coronamento di una fiaba d’amore.

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Particolare del servizio Etoile Academy durante un matrimonio

Questa è la sua quarta anima, una splendida location per celebrare il tuo matrimonio in un castello, a ricalcare le orme di feste e serate a tema che immaginiamo possano aver animato le sue stanze e i suoi saloni in tempi ormai lontani dai nostri. Ma oggi la professionalità, l’accuratezza dei dettagli, l’attenzione alle esigenze di chi affida al Castello di Torre Alfina il suo matrimonio, sanno garantire ancora la realizzazione di sogni d’altri tempi.

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Convento di San Francesco: organizzare matrimoni da favola

Organizzare matrimoni da favola! Ecco cosa cerca di fare una weeding planner. “Quando mi chiedono perché ho deciso di fare la wedding planner e fondare Tamara Gori Mariage, le risposte le ho impresse nella mia  memoria: la curiosità delle persone che osservano il tuo lavoro e ne sono rapite; lo stupore che leggo negli occhi di chi si ferma ad osservare il viavai su una spiaggia per allestire una cerimonia al mare, o quello per preparare una location sotto gli occhi dei curiosi.

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Commistioni di stili nella tavola imperiale in stile country con sedute Ghost

Ancor di più per la meraviglia di chi vede all’improvviso realizzati i desideri che credeva possibili solo nella sua testa:  una tavola imperiale allestita su un terrazzo o nel parco più lussureggiante; un tema realizzato nei dettagli più delicati e impercettibili. Tamara Gori Mariage è stato un po’ questo: la ricerca della bellezza, della creatività; la bacchetta magica che risolve i problemi o realizza le aspettative più personali ed emozionali“.

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Il tavolo dei confetti, in cui forme e materiali diversi si fondono in un tutto unico.

Nell’organizzare un matrimonio ogni dettaglio è importante, ogni persona è importante. Il lavoro di team garantisce riuscita, problem solving, accuratezza; senza lasciare nulla al caso. Quello che rimane nei ricordi delle persone, ma ancor più nelle emozioni degli sposi, è un groviglio infinito di colori, di profumi, di sapori, di atmosfere che solo un ascolto sensibile e attento riesce a portare ad esatto compimento.

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Particolari contemporanei di un buffet al Convento di San Francesco. Credit photo: VDImage

E nel tempo sarà la percezione di un profumo o l’ascolto di una melodia a riportare a galla quelle emozioni. Oppure il ritrovare, inaspettatamente, quel luogo che è stato la nostra culla d’amore. Scegliere una location non è mai troppo semplice: occorre valutare elementi che sfuggono ai più; occorre individuarne ogni sfaccettatura per decidere se può rientrare tra quelle con cui instaurare rapporti duraturi, o valutare la sua capacità di rispondere non solo alle aspettative degli sposi, ma anche alle necessità tecniche che faranno da preludio ad una cerimonia senza intoppi.

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La chiesa di San Francesco risalente all’anno Mille e adiacente al Convento omonimo. Credit photo: VDImage

Per questo scegliere una location è quasi una dichiarazione d’amore. O almeno lo è per Tamara Gori Mariage. Con il Convento di San Francesco è stato più o meno questo. Una residenza storica di prestigio risalente alla prima metà del 1500, insediata nella Tuscia etrusca della provincia di Viterbo, ma che guarda con occhio familiare alle vicine porte della Toscana, all’Umbria e all’adiacente Roma.

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Il Convento di San Francesco in un allestimento esterno in notturna

Convento di San Francesco: per organizzare matrimoni da favola

Concepita per essere un Convento cappuccino, è totalmente immersa in un parco di dieci ettari, tra atmosfere mistiche e di raccoglimento, in un’aura di bellezza che è davvero difficile trovare con tanta simultaneità: storia, natura, ampiezza degli spazi interni ed esterni. La possibilità di poter celebrare il rito civile legalmente riconosciuto nell’antico refettorio o nel parco è certamente un elemento di non trascurabile valore; così come lo è la possibilità di officiarne uno cattolico nell’adiacente Chiesa intitolata a San Francesco e risalente all’anno Mille.

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Il parco millenario del Convento di San Francesco ospita il rito civile. Credit photo: VDImage per Convento di San Francesco

Un luogo intimo, nonostante la sua capacità di accogliere fino a 300 persone nei suoi spazi interni, o illimitati ospiti nella vastità di quelli esterni. Una personalità definita, ma non austera né invadente quella del Convento di San Francesco. E questo, per Tamara Gori Mariage, diventa il miglior Eldorado possibile. Quindi non solo atmosfere eleganti e formali che si auspicano per una Residenza Storica di questo calibro, ma anche la possibilità di giocare su contrasti inaspettati e atmosfere più bucoliche o d’antan.

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Allestimento sullo stile country in uno degli spazi esterni del Convento di San francesco

Qualche esempio? Provate ad immaginare un pic-nic dalle suggestioni vittoriane di inizio Ottocento, una sorta di tè all’aperto, con tutto il mood concepito nei romanzi di Jane Austen e della sua “bella, intelligente e ricca” Emma. E allora via alla trasposizione all’esterno di quello che era il fulcro della vita sociale dell’epoca, il soggiorno: divani dalle sedute dritte e dalle spalliere sinuose, richiami al Barocco e al Rococò nei colori decisi, nell’oro o nel bianco assoluto.

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Porcellane raffinate possono essere il mood di un matrimonio in stile vittoriano.

Porcellane e alzate negli eleganti servizi su tavoli intarsiati, librerie a vista da collocare nei giardini o in rigogliosi prati all’inglese, per ricreare en plein air ciò che rendeva conviviale l’incontro all’interno delle residenze signorili per le nuove classi borghesi.

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Una mise en place semplice, giocata sul prestigio dei cristalli e delle porcellane. Credit photo: VDImage per Convento di San Francesco

Un’atmosfera giocata nell’aria tiepida di una primavera o in quelle non troppo afose di inizio estate, magari per una cerimonia di giorno che permetterà allo sposo di calarsi nel ruolo con un elegante tight o un meno impegnativo mezzo tight e alla sposa di richiamare un look romantico, ma essenziale.

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Uno scorcio romantico al Convento di San Francesco. Credit photo: VDImage

E facendo un salto temporale di quasi un secolo si potrebbe giocare invece sulle atmosfere edoardiane di inizio Novecento: grandi viaggi, amore per l’arte e per lo sport, da ricreare in linee essenziali, pulite e giocando con i richiami alle grandi navigazioni verso continenti lontani; d’altronde il mito del Titanic proprio in quel periodo è ambientato. In questo caso elementi vintage che richiamano i viaggi come i grandi bauli, valige di cuoio, diari di bordo, binocoli.

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Ispirazioni vintage anni Venti

E le linee scivolate ed essenziali di Jenny Packham, ma ricercate allo stesso tempo, riescono perfettamente a raccontare in chiave moderna quell’epoca di grande fulgore. Il Convento di San Francesco sa essere una fucina di ispirazioni, come il cappello di Eta Beta da cui estrarre la soluzione adatta ad ogni occasione.

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Particolare di un allestimento country chic presso il Convento di San Francesco. Credit photo: VDImage

Le atmosfere provenzali, da riproporre attraverso erbe aromatiche, lavanda, cassette in legno o vasi in terracotta grigia, sono una di queste; così come un mood boho chic o country, tutte adattabili ad una location così duttile e suggestiva. Tutte le altre sono quelle che la vostra fantasia e le vostre emozioni possono dettare ad una location come il Convento di San Francesco o ad un team organizzativo come Tamara Gori Mariage.

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Another brick in the…Uoll. Come reinventare spazi e sogni.

Uoll. Come reinventare spazi e sogni.

Uoll. Esattamente come si pronuncia in inglese, ma scritto in italiano. Un muro, per dare contezza della cornice di riferimento e della contemporaneità della proposta. Uno spazio fuori dai luoghi comuni e dagli ambienti di attinenza, nella città d’arte per eccellenza: Firenze. Qui non sembrava semplice concepire un progetto architettonico in grado di reinventare ciò che era e trasformarlo in ciò che poteva essere.

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L’entrata verso Uoll e, sulla destra, il muro che ha dato il nome alla location.

L’atmosfera è inconfondibilmente newyorkese: i mattoni lasciati a vista e verniciati di bianco, le travi nere che tagliano le altezze, il light design che gioca tra luci e ombre nei punti focali delle pareti esterne ed interne, a dare profondità o per creare intimità.

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L’interno di Uoll, in quello che è lo spazio più ampio a disposizione degli ospiti.

Poi gli elementi di arredo: dalle poltrone Chester, rigorosamente in pelle bianca, alle lampade minimal, tutto riporta ad architetture di loft urbani e a open space della New York contemporanea e post industriale. E se potremmo aspettarci qualcosa di simile nel Quadrilatero della moda milanese o nell’eclettico quartiere di Soho, a New York appunto, molto meno scontato è questo progetto di recupero nella Firenze di Dante e del Rinascimento.

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Poltrone Chesterfield in pelle bianca, da cornice ad una mostra d’arte contemporanea.
Uoll, rerinventare spazi

Ma forse, per capirne la profondità e l’arditezza, occorre partire da ciò che è stato. Lontano dall’elegante e salottiera Piazza della Repubblica e ancor più dalle tendenze di Palazzo Pitti, la Stazione Rifredi è ormai un termine di scambio ferroviario di fondamentale importanza per l’Italia centrale. Qui ci si orienta con Piazzale Dalmazia o con i capannoni industriali che abitano la zona ferroviaria. Uoll è proprio a 50 metri da Rifredi. È circondato dalle volte anonime e scure di questi capannoni, semplicemente perché la moderna Cenerentola era essa stessa un capannone all’interno di quel distretto industriale.

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Alcuni scorci di entrata a Uoll.

Anzi, ancor più: Uoll nasce come fabbrica, o meglio come officina di riparazione dei treni di Rifredi; dal fascio di rotaie che si dipanano da e per la stazione, se ne staccavano due, indipendenti, che puntavano dritti esattamente dentro la pancia di questa officina d’altri tempi. Lì, come in un’amorevole nursery, i vagoni malandati e con la tappezzeria “sbucciata” venivano riparati, rivestiti, tirati a lucido e poi lasciati andare per altre “scorrerie” tra ragazzi. Erano i primi anni del ‘900; erano i primi accenni di un’Italia che si inventava industriale per creare le eccellenze con cui sarebbe cresciuto il made in Italy nel mondo; una storia di futuro e di sogni, durati intatti fino agli anni Settanta del secolo scorso.

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Eventi e matrimoni popolano oggi le atmosfere di Uoll

Poi l’abbandono. Inesorabile, quella vecchia officina si avviò verso l’oblio cui è destinato chi ha dato tanto senza ricevere gratitudine alcuna. Almeno fino a quando la tendenza, prettamente americana, di rinnovare e ingentilire strutture di ex distretti industriali, non è arrivata in terra italica; prima al nord, nella metropolitana Milano e poi via via fino a…Uoll. Una Fenice che risorge dalle ceneri, cuore pulsante di un progetto di rinascita anche culturale, in un quartiere defilato rispetto alla movida fiorentina che conta.

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Il continuo rincorrersi di passato e futuro in Uoll: allestimento con un richiamo contemporaneo, le sedie di Philippe Starck
Uoll, nuova vita

Ma qui le mostre di pittura e i progetti di supporto ai giovani emergenti del mondo della moda e dell’arte, si alternano a sfilate di brand di tendenza, party internazionali, eventi aziendali o matrimoni. Questa è la nuova anima di Uoll: un’open space dalle attitudini infinite, che lascia ancora intravedere le sue origini, grazie alla sapienza con cui si sono mantenuti intatti gli elementi originari delle pareti o dei pavimenti.

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Il particolare recupero dei muri di Uoll.

Un’atmosfera plasmabile nelle mani di chi sa vestirla di colori e nuances ogni volta diverse, da adattare come cornice romantica o contemporanea di matrimoni esclusivi. Gli spazi di questa Cenerentola odierna infatti, sanno come accogliere e come reinventarsi ad ogni occasione, per ogni nuovo sogno di vita. Lo hanno già fatto, una volta. Ma quella vale per tutte.

di Tamara Gori Mariage

Locanda Palazzone, l'anima medievale di un restauro da loft urbano.

A vederla lì, imponente e austera in cima alla collina in località Rocca Ripesena, lo sguardo rivolto alla rupe tufacea su cui sorge Orvieto, l’impressione che Locanda Palazzone restituisce è quella di un antico monastero.

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Veduta di Locanda Palazzone. Sullo sfondo Orvieto

La pietra vulcanica, le linee allungate, le bifore; tutto rimanda ad un Medioevo che ha da tempo superato l’oscuro vaticinio dell’anno Mille e si è decisamente tuffato nella rinascita duecentesca. Poi però si entra dentro Locanda Palazzone. E il contrasto è davvero eminente: una scala di ferro, imponente e dal mood post industriale, collega il grande salone del piano terra con il livello superiore.

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Il restauro del salone al piano terra e la grande scala in ferro.

Locanda Palazzone, l’anima medievale di un restauro da loft urbano

Ovunque i colori primari si muovono tra pavimenti in legno e vecchio cotto; tra il possente tavolo in legno massello e elementi di modernariato, che racchiudono i ricordi di una famiglia e delle generazioni attraverso cui si snoda. Quasi un loft urbano, un’essenzialità scandinava riscaldata dalla memoria che permea ogni mattone del resort circondato dai vitigni della storica azienda vinicola Palazzone, dal 1978 archetipo indiscusso dell’Orvieto Classico di pregio.

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Il possente tavolo in legno massello del grande salone interno

Il progetto di restauro, curato dallo studio di architettura di Alberto Sabotelli e dagli architetti Chiara De Batista e Alessandro Dubini, si è mosso con naturale equilibrio su una linea ispirata alla sottrazione: “Volevamo un luogo che raccontasse la sua storia ma che fosse anche testimone di scelte contemporanee. Non avevamo un modello cui ispirarci, semplicemente la scansione degli spazi vuoti, tra archi e bifore, a dettare come renderli funzionali ad una vita ridisegnata ben oltre il XIII secolo”, racconta Lodovico Dubini Locatelli, proprietario e responsabile di Locanda Palazzone Resort.

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Il restauro dalle linee minimal nelle suites interne

Le radici dell’ospitalità sopra Rocca Ripesena affondano nel passato lontano della storia di questo Paese; sembrano infatti risalire al 1300, con l’ufficializzazione del primo Giubileo da parte di Papa Bonifacio VII. Fu proprio il Papa a dare indicazione di costruire un “Palazzone sotto Rocca di Ripeseno”, un Hospitalis, in sostanza una sorta di ostello per prelati e viandanti o una stazione di posta per pellegrini diretti a Roma, lungo il rocambolesco tratto della Via Francigena, prima di arrivare nelle oscure selve popolate dai briganti in terra di Tuscia. Da allora i viandanti sono cambiati e il loro percorso ha conosciuto una nuova “spiritualità”, quella legata al turismo eno-gastronomico, oltre che artistico. Perché se da sempre Orvieto richiama turisti da ogni dove, Locanda Palazzone e l’Orvieto Classico Palazzone sono calamita per i palati più raffinati e gli ospiti più esigenti dagli Stati Uniti, come dal Giappone.

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Locanda Palazzone e la sua produzione di Orvieto Classico

E l’anima di questo Resort dell’accoglienza umbra d’eccellenza ha riscoperto una nuova veste: quella di location per matrimoni; una sorta di fusion tra l’atmosfera incantevole e quasi Boho-chic che la caratterizza e l’eccellenza del food and drink made in Italy, per i matrimoni affidato ad una donna stellata della cucina italiana: Iside De Cesare, della vicina La Parolina. La tendenza di seguire la propria passione per il vino e legarla ai festeggiamenti per il matrimonio sta prendendo piede in Italia ormai da qualche tempo, anche se arriva direttamente dalla terra di Francia: allestimenti en plen air, per rifugiare lo sguardo nei vigneti a perdita d’occhio o per ricreare atmosfere d’antan, ma dall’eccellente gusto minimal; le bottaie ad accogliere degustazioni guidate e verticali d’annata; la sala interna, dalla rivisitazione contemporanea e dalle opere d’arte di famiglia a vestire le pareti, per accogliere gli ospiti meno numerosi.

Locanda Palazzone
Allestimento en plein air per un matrimonio a Locanda Palazzone

Un lavoro di pregio quello realizzato a Locanda Palazzone, combinazione perfetta di elementi che permettono di vivere in un luogo incantato e quasi mistico anche il proprio matrimonio da favola.

di Tamara Gori Mariage

Photo credits: Locanda Palazzone

Cucina: questione di gusto

Tutto è più facile da dire in una cucina, tutto è sfumato da questa intenzione di condivisione, e l’appetito fa scorrere nuova linfa nelle cose, scrive Serge Joncour.
La cucina è un luogo poetico: è il posto della memoria, delle ricette tramandate da generazioni, dei cinque sensi, uno spazio di convivialità e di autentico piacere ma anche di sperimentazione e innovazione, culinaria e non solo. Un luogo, dunque, in cui passato e presente convivono, tanto nelle ricette quanto nell’arredamento.

Gicinque, azienda della famiglia Zaccariotto, che produce cucine per il mercato italiano e internazionale da più di cinquant’anni, su questa relazione tra passato e presente ha sempre posto grande attenzione, ambendo a far rivivere la grazia di un’estetica antica in termini di design attuale; con particolare cura per la ecocompatibilità, l’utilizzo di metodi moderni di produzione e materiali di prima qualità. L’obiettivo della produzione attuale – si può leggere nella dichiarazione d’intenti dell’azienda – sia contemporanea che classica, è quello di incontrare i gusti più svariati e trovare un’adatta collocazione in qualsiasi tipo di ambiente.
Cucine moderne
Gicinque propone collezioni di cucine moderne e classiche, che vantano modelli con design molto diversi fra loro, per incontrare la gamma più vasta di esigenze di arredo. La cucina moderna, in particolare, rappresenta il massimo equilibrio tra design innovativo e funzionalità, garantita dalla presenza di accessori indispensabili.

cucina
Oslo. Un nome programmatico per una cucina che si caratterizza per design contemporaneo e utilizzo del rovere dall’effetto caldo. La cucina Oslo è uno dei modelli principali della collezione cucine moderne di Gicinque: è versatile e adattabile a diversi contesti d’arredo e stili.  Nella versione con ante in rovere marino, abbinate al Bianco Luna e al Rovere Scandinavo, la caratteristica di questa cucina è lo stile urban – gusto contemporaneo e atmosfere metropolitane industriali – che non preclude, però, la possibilità di vivere un ambiente colorato e accogliente.
Se desiderate uno stile ricercato e flessibile per la vostra cucina, o se la vostra casa possiede ambienti ampi e spaziosi e open-space, lo stile urban è decisamente quello che fa per voi: ambiente moderno e stile retrò – grazie a elementi quali la maniglia a incasso effetto “vintage” e la  cappa effetto “country” – creano un armonioso compromesso tra gusto tradizionale e minimal contemporaneo.
Scegliendo Oslo, avrete soprattutto la possibilità di scegliere tra numerosi elementi di finitura creati dal legno rovere, come ad esempio: Rovere scadinavo, Rovere Tavolato, Rovere Denver.

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Myglass. Nuovo modello di cucina moderna proposto da Gicinque, ha una peculiare caratteristica:ante in vetro lucide o opache, a cui è possibile abbinare un altro materiale unico, le ante in gres, con telaio in alluminio, con o senza maniglia. La forza stilistica di Myglass è che questo modello esplora tutte le possibilità estetiche di questi materiali dal fascino irresistibile. Eleganza e innovazione sono le specificità di questa cucina. Se siete amanti delle contaminazioni tra modelli e del vetro lucido, consigliamo di dare un’occhiata anche alla versione particolare in cui Myglass è stata presentata alla fiera Foire d’Automne di Parigi: originali ante in vetro lucido tagliate in diagonale.
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Asia. Design che richiama l’Estremo oriente e stile contemporaneo: queste le caratteristiche del modello Asia, compreso nella collezione cucine moderne. Cercate un design all’avanguardia, in grado di innovare l’ambiente della vostra cucina, indipendentemente dalla sua ampiezza? Questo modello è la risposta a tutte le vostre esigenze! Costruire una zona living che assicuri continuità estetica di linee e finiture con l’ambiente della cucina è la forza di questo modello. Il gusto non è solo questione di palato, e consumare del buon cibo in un ambiente che sazia gli occhi è un ottimo modo per godersi la vita (e la cucina)!

Redazione e contributi: Heidi Bovini, Chiara Borsini.

By Designdingegno

Come utilizzare i pallet per realizzare soluzioni di design

Stai cercando qualcosa di veramente speciale per arredare il tuo magico angoletto di casa e vorresti trovare un pezzo veramente unico? Hai mai pensato di recuperare e riutilizzare i pallet industriali destinati allo smaltimento? Sono oggetti veramente versatili, se ne trovano in giro in dimensioni standard e soo componibili per creare svariate soluzioni di interior design su misura.

Pallet? Una scelta eco-sostenibile.
In un mondo generalmente consumista, la volontà consapevole di realizzare oggetti di design con prodotti che hanno ormai terminato il proprio ciclo di vita (i pallet) può rappresentare la scelta ecologica dichiarata di “stare con il pianeta”. In questo modo si riduce l’impatto sull’ecosistema ridando nuova vita ad oggetti altrimenti destinati allo smaltimento.

Photo credit: Pourfemme

Perché proprio i pallet?
I pallet sono facilmente reperibili e si possono ottenere gratuitamente o previo pagamento. Se ne trovano principalmente in due formati standard (800mmx1200mm e 1000mmx1200mm) e, proprio grazie alla standardizzazione delle misure, è facile realizzare oggetti di design basati su un modulo base ripetitivo, oppure realizzare più oggetti simili tra loro. Sono solidi e resistenti, versatili e gradevoli alla vista.

Fai-da-te o arredo d’autore?
Molti designer particolarmente sensibili al tema ambientale del riuso hanno dedicato intere collezioni d’arredamento al pallet: il risultato è stato stupefacente. Creazioni rustiche ma anche ultra-moderne, con estrema cura per ogni dettaglio. Ma all’arredo d’autore ci si può anche ispirare per il fai-da-te, arredando la proprio casa con soluzioni uniche ed irripetibili che contengono intrinsecamente la soddisfazione di averli creati con le proprie mani.
divano pallet senza schienale

Come utilizzare i pallet per realizzare soluzioni di design

Idee per soluzioni di interior design uniche.
Armati di carta abrasiva ed, eventualmente, di pennelli e vernice, si dia sfogo alla propria creatività. L’utilizzo più immediato e che richiede il minor sforzo manuale è quello che permette la realizzazione di puof o simpatici divanetti: la realizzazione di questi pezzi d’arredo è semplice e consiste nell’utilizzare uno o due pallet come base. Possono essere lasciati in tinta naturale, dopo averli opportunamente levigati con la carta abrasiva o, in alternativa, è possibile pitturarli con tinte vivaci ottenendo un effetto davvero stupefacente. Dopo aver realizzato la base, si realizza la seduta sovrapponendo materassini e cuscini secondo lo stile che si vuole ottenere. Si può scegliere se realizzare, con un altro pallet, anche la spalliera o se addossare il divano alla parete e creare la spalliera con ulteriori cuscini, che sfruttano la parete come stabile piano d’appoggio. Nelle versioni più creative, gli stessi pallet che compongono il divano fungono anche da porta-riviste, sfruttando gli spazi automaticamente creati tra le assi di legno dalla stessa forma delle pedane.
Con lo stesso criterio si possono realizzare tavolinetti da salotto e sgabelli: nella versione nature, associati a stoffe, nastri, veli e cuscini bianchi creano atmosfere molto romantiche; se pitturati di colori intensi e vivaci, realizzano ambienti rustici e carichi di vitalità.
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Per un tocco di classe ed estrosità in camera da letto, si pensi ad una giustapposizione di pallet che compongono un elegante letto basso. I pallet vengono dipinti di bianco, su di essi va posto il materasso ed il gioco è fatto: un’atmosfera rustica e quasi fiabesca.
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Se dai mobili si passa ai complementi d’arredo, graziosa è la soluzione con la quale si realizza un’accogliente cantinola per le nostre bottiglie di vino migliori. Una prima possibilità consiste nel tagliare a metà una serie di pallet e sovrapporre – a catasta – le varie metà. Si verrà a creare una serie di spazi tra le assi di legno, costituendo dei perfetti alloggiamenti (in orizzontale) per le nostre bottiglie d’annata. In alternativa, per la conservazione verticale delle bottiglie, una seconda soluzione consiste nel creare delle basi rettangolari, con lunghezza pari alla larghezza del nostro pallet ed altezza pari all’altezza dei piedini. Queste basi andranno fissate ai piedini della pedana e costituiranno il fondo dei vani porta vino. La cantinola è già pronta. Sarà sufficiente appenderla alla parete, con il lato piatto che dà verso il muro ed il lato dei piedini (sui quali si sono applicate le basi) che dà verso l’ambiente e contiene in verticale le bottiglie.
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La soluzione più eco-friendly a cui si possa pensare prevede di utilizzare il pallet come base per un vero e proprio giardino verticale. Con lo stesso sistema utilizzato per la cantinola, si creano degli alloggiamenti sui quali si adagiano piante e fiori. L’utilizzo di piante rampicanti, che si aggrovigliano attorno alle assi del pallet, rende questo oggetto molto suggestivo. L’effetto generale lascerà tutti a bocca aperta.
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Campus Etoile Academy: pietra, cibo, futuro

Campus Etoile Academy: ci sono viaggi che durano millenni, di cui si ha una data di inizio, ma non una fine. Ci sono viaggi che racchiudono i passi compiuti dagli uomini nel corso di vite e di epoche che profumano di Storia. Ci sono viaggi nascosti nelle pietre e che le pietre sanno raccontare. È il 1221. Nello splendore vescovile di Tuscania, gli scontri tra Guelfi e Ghibellini infervorano gli animi delle famiglie nobili e clericali della città. Il paesaggio è frastagliato dal colpo d’occhio di castelli e palazzi nobiliari, sorti a suffragio di una fervida attività nobiliare, politica ed economica.

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Veduta di Tuscania, nella Tuscia viterbese.

È in questo contesto che San Francesco d’Assisi attraversa le terre di Tuscia, probabilmente diretto a Roma con l’intento di perorare -senza successo- la causa della sua Regola non Bollata. Trascorrono sessant’anni dal passaggio del frate di Assisi. È il 3 Luglio del 1281 quando si decide di fondare il Complesso di San Francesco, chiesa maestosa sorta ad imperitura memoria della forza acquisita a Tuscania della fazione Guelfa delle famiglie che contano. Giovanni Sparapane da Norcia e suo figlio Antonio, due secoli dopo, verranno chiamati ad arricchire la Cappella del Complesso di San Francesco, connotandola con l’asciuttezza della loro composizione e la pragmaticità devozionale che è propria della loro arte. Ma con l’arrivo dei Francesi la grandezza del complesso conosce una sua prima decadenza. Di matrice storicamente laica, i cugini d’Oltralpe, giunti a Tuscania nel 1798, operano una soppressione degli ordini clericali, di fatto condannando all’abbandono il complesso ecclesiastico.

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La navata centrale del Campus Etoile Academy, sede di eventi e convegni.

In parte ridotta a macerie dopo il terremoto del 1700, a metà del XIX secolo verrà sconsacrata e adibita a una destinazione d’uso assolutamente più laica di quella conosciuta fino a quel momento, come mattatoio all’interno del macello pubblico. Ma è il 1971 a segnare l’anno zero per Tuscania. È il 6 Febbraio e sono le 19.09: un terremoto magnitudo 4.46 colpisce la città lasciando vittime, feriti e più di 5000 senza tetto. La copertura del Complesso di San Francesco crolla, lasciando scoperti gli affreschi nella Cappella Sparapane e nella navata principale. Da quel momento tutto cambia. I primi lavori di recupero, lunghi, costosi, farraginosi, arriveranno solo con l’avvento del nuovo millennio. Almeno fino all’entrata in scena di Rossano Boscolo, chef di fama internazionale, “figlio” del grande gruppo Boscolo, appassionato visionario di utopie nord-americane.

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Veduta del Campus Etoile Academy, con i contrafforti esterni risalenti alla fine del 1200.

Campus Etoile Academy: pietra, cibo, futuro

Un lavoro di restauro intenso, profondo, ma in linea con le tracce originali del Duecento, mantenendo la forte impronta romanica, sia nell’uso dei materiali (il tufo tipico dei promontori vulcanici della Tuscia) che nell’apposizione dei contrafforti esterni a sostegno della struttura. All’interno, il susseguirsi degli archi a tutto sesto e la concezione radiale della zona absidale, esprimono invece il netto riferimento al Gotico di fine Duecento che pervade l’Italia. Sul mantenimento assoluto di questi elementi medievali, si innestano sprazzi di contemporaneità e allestimento industriale che diventano quasi un viaggio nel tempo. Nella neutralità della pietra, si evidenzia il caldo del legno che riveste i pavimenti del ristorante e dei laboratori, mentre brilla di futurismo l’acciaio delle tecnologie di ultima generazione che allestiscono tutte le postazioni di lavoro per gli aspiranti chef di domani.

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Interno di un laboratorio di cucina del Campus, con le postazioni attrezzate.

Una concessione continua di materiali e consistenze che si alternano negli spazi e nelle strutture. Questo è il respiro internazionale della Scuola di Cucina Etoile, la prima scuola professionale nel nostro Paese in grado di rilasciare, alle migliaia di studenti dall’Italia e dal mondo, una qualifica valevole a livello europeo. Un campus americano a tutti gli effetti, dove alloggiare e studiare. Perché la cucina non è solo cibo, ma anche amore per la storia, la tradizione, la cultura. Qui la biblioteca del campus si chiama Biblioteca del Libro Antico di Cucina, ed ospita almeno 200 volumi antichi, datati tra il 1700 e il 1900, frutto di un’incessante opera di ricerca personale di Rossano Boscolo a conservazione della memoria e della tradizione italiana.

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Particolare della Biblioteca multimediale all’interno del Campus Etoile Academy, con le stampe antiche.

Qui i laboratori e le aule didattiche sono intitolati a grandi personaggi che hanno fatto la storia del cibo in Italia e nel mondo: Pellegrino Artusi, ad esempio; Vincenzo Cervio, Bartolomeo Scappi o Antonio Latini. E poi l’Orto dei semplici. O semplicemente orto, mi verrebbe da dire. Perché la materia prima passa attraverso la conoscenza, anche tattile e visiva delle sue caratteristiche e dei suoi aromi. Per questo il parco esterno della struttura ospita un centinaio di erbe aromatiche e officinali, dalle più comuni alle più ricercate; un giardino che sorge proprio laddove in epoca medievale esisteva l’orto dei semplici voluto dai frati francescani del Complesso di San Francesco.

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L’Orto dei Semplici, che ripercorre le orme dell’antico orto francescano del Complesso di San Francesco nel Duecento.

Ma sono le parole del Maestro Chef a rendere meglio di ogni altro l’obiettivo del Campus Etoile Academy: “L’alta cucina deve smettere di essere una manifestazione di lusso per pochi eletti e diventare una scelta identitaria, fatta di qualità dei prodotti del territorio e rispetto per il cibo e la nutrizione”.

Di Tamara Gori Mariage

La cucina 2.0: dal progetto alla consegna in pochi click

La cucina è uno degli ambiente della casa che viviamo più assiduamente, con tempi più o meno lunghi a seconda del momento della giornata, dalla colazione mordi e fuggi alla lunga cena con gli amici con tanto di happy hour,  ormai la cucina è diventata cucina 2.0, non solo un luogo dove semplicemente si prepara il cibo ma uno spazio in cui si condividono momenti di vita con la propria famiglia e con i propri amici, il cuore della casa che dà il taglio a tutto l’arredo della zona giorno.blogdesigndingegno_800x600_1

Vista la centralità sia simbolica che funzionale di questo spazio, è fondamentale che la cucina sia bella e confortevole; per ottenere ciò si parte sempre da un buon progetto che metta in relazione lo spazio a disposizione con le persone che utilizzeranno quello spazio.
Arredaclick.com permette di progettarsi da soli la cucina 2.0 e configurarla in base ai propri spazi, con il supporto tecnico di alcuni designer che supervisionano la scelta della cucina. Ci vuole una buona dimestichezza con il metro, con le misure in centimetri e almeno una minima cognizione degli elementi che compongono una cucina, un po’ di pazienza, un po’ di tempo ed ecco che comodamente seduti in poltrona diamo forma alla nostra nuova cucina, ne scegliamo i vari elementi, basi, pensili, top, decidiamo dove mettere lavastoviglie, fuochi e frigo, decidiamo il colore, verifichiamo il prezzo ed il gioco è fatto, dopo poco tempo la cucina dei nostri sogni verrà consegnata direttamente a casa nostra.
Arredaclick propone delle cucine personalizzabili e configurabili online attraverso un Planner che permette di progettare e successivamente configurare la cucina scegliendo tutto, fino all’ultimo dettaglio.blogdesigndingegno_800x600_2

Ma vediamo bene passo passo come è possibile acquistare la nostra nuova cucina 2.0 sul sito arredaclick.com.
Nel menu del sito scegliamo “Cucina” dal menu principale e clicchiamo su “Le nostre cucine” e poi su “Sistema 901“.
Sistema 901 propone una collezione di cucine componibili 100% made in Italy caratterizzate da ampie possibilità di personalizzazione. Le ante hanno uno spessore di 22 mm e sono disponibili in numerose finiture: legno, rovere, legno rigato, segato e nodato, e in una vasta gamma di colori opachi e lucidi. Materiali, colori e collocazione di ogni singolo elemento dell’arredo cucina sono liberi: è possibile realizzare composizioni lineari, angolari, con penisola e con isola. La versatilità di queste cucine componibili le rende adatte a qualsiasi ambientazione, permettendo di realizzare innumerevoli modelli ideali per ogni stile. La personalizzazione riguarda anche gli elettrodomestici e numerosi altri dettagli quali le maniglie, la cappa, il materiale del piano.blogdesigndingegno_800x600_3

Clicchiamo su “Progetta la tua cucina” ed entriamo in quello che è il configuratore della nostra cucina, quello che nel sito viene chiamato Visual Planner Cucine. Ma  prima di arrivare a questo punto dovremmo aver fatto il rilievo dello spazio in cui andrà montata la cucina, per sapere quanti metri e quanti centimetri abbiamo a disposizione. Dovremo aver fatto anche un piccolo schizzo o almeno uno schema mentale in cui abbiamo deciso come disporre la nostra cucina, cioè dove metto il frigo? dove metto il lavello? dove mi piacerebbe il forno? e il il piano cottura? Una volta che ci siamo chiariti questi aspetti, entro in “Progetta la tua cucina”. Ma niente panico, se non ne abbiamo la più pallida idea di come si progetta una cucina ci sono già delle composizioni tipo in cui sono già state inserite tutte le funzionalità necessarie ed un semplice Color Viewer che aiuta a visualizzare e abbinare tra loro colori e materiali.
A questo punto entriamo nel vivo del progetto e scegliamo tra i vari elementi della cucina proposti nel menu del sito: blocchi lavello lineari, blocchi lavello angolari, blocchi cottura, blocchi lavello e cottura, lavastoviglie frigorifero forno, basi pensili, colonne dispensa lineari, blocchi dispensa angolari, penisole isole, riempitivi spazi vuoti porte finestre.
Cliccando sul simbolo “+” posto sotto all’elemento scelto vedremo che in alto si comporrà il disegno della nostra cucina, che poteremmo visualizzare sia in prospetto (vista frontale) che in pianta (vista dall’alto). Man mano che aggiungiamo gli elementi avremo il prezzo e la misura totale della composizione che stiamo creando. Possiamo, inoltre, vedere la lista degli elementi inseriti cliccando su “Elenco elementi”.blogdesigndingegno_800x600_4

E se ad un certo punto ci accorgiamo che il disegno che è uscito fuori è specchiato rispetto a quello che avevamo in mente, fermi, non cancellate tutto! Basta cliccare su “specchia composizione” e come per magia il progetto viene invertito sull’asse orizzontale.
Quando tutti gli elementi sono stati inseriti clicchiamo su “Crea il tuo preventivo”, a questo punto basta inserire il nostro indirizzo di posta elettronica e saremo guidati nella fase finale della configurazione della cucina, cioè quella in cui decidiamo nel dettaglio cosa inserire, ad esempio per il modulo del lavello, la finitura delle ante (visualizzabili nel link “campionario”), quante vasche e di che marca voglio le vasche. E vado avanti così per tutti gli altri elementi della mia cucina, finchè non arrivo ad un preventivo finale.
ArredaClick offre un servizio clienti telefonico gestito da professionisti per avere un supporto nella progettazione e hanno girato un video di istruzioni completo su come montarvi da soli la vostra nuova cucina, dalla prima vite all’ultima antina. A questo punto: buon lavoro!
Redazione:Heidi Bovini

Fonte: blog.designdingegno.it

Mondo Abitare collabora con Design D’Ingengno

 

Dal rigore rinascimentale al fasto barocco

L’angusta via Ghibellina a Firenze, tra Piazza del Duomo e Piazza della Signoria, sembra davvero troppo stretta per ospitare Palazzo Borghese; non tanto per le sue dimensioni o i suoi fasti architettonici, che richiamano tutto il rigore neoclassico del Rinascimento fiorentino, quanto per il peso della Storia che attraversa quelle mura e si declama nei suoi saloni.

Tutto inizia in pieno Quattrocento. Firenze respira l’aria vivace, intellettuale e rinascimentale che Lorenzo il Magnifico le regala per tutta la durata della sua vita, fino a quel 1492 che allargherà per sempre i confini del mondo. Tutta la città è teatro di affreschi, opere, ricerche, costruzioni e declami e la famiglia Salviati non ne resta esclusa: proprietaria di due immobili lungo quella via, intraprende dei lunghi lavori di ristrutturazione per accorparli e conferirgli la magnificenza che la loro posizione di Marchesi reclama. Sono lavori che si svilupperanno in due fasi: la prima si concluderà agli inizi del 1500 e conferirà tutta l’ intransigenza neoclassica alla struttura del Palazzo; image
la seconda fase invece, avviata nel 1529 e affidata all’architetto Gherardo Silvani, si protrarrà fino al 1675, catapultando il destino di Palazzo Borghese dentro i fasti del Barocco fiorentino. Sarà durante l’Ottocento, attraverso il matrimonio tra Anna Salviati e il Principe romano Marcantonio IV Borghese, alla cui famiglia passeranno molte delle proprietà dei Salviati, che il Palazzo diverrà Borghese Aldobrandini.image-1

La dualità di Palazzo Borghese è forse la sua caratteristica prima, quasi una doppia personalità in grado di raccontare l’evoluzione architetturale attraverso i secoli. E se l’esterno è quasi manieristico nella linearità della sua struttura, gli interni sono in grado di lasciare senza fiato per la magnificenza e l’opulenza che riescono a raccontare. Superato l’ingresso si apre l’imponente Scalone d’Onore che conduce al Piano Nobile.

E qui l’occhio non ha più tregua: i riflessi della Sala degli Specchi sembrano riprodurre in miniatura l’omonimo salone nella Reggia di Versailles, forse una rievocazione delle origini francesi che Paolina Bonaparte ha voluto donare a quel palazzo che la ospitò così a lungo.

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Specchi alle pareti, oro ovunque e affreschi imponenti, che obbligano a carpire quanto più si può con lo sguardo all’insù. E sarà così per tutto il percorso che si snoderà attraverso i salotti i cui nomi sono legati al colore dei drappeggi originali che rivestono le pareti.

Ma il cuore del Palazzo, quello che non lasciava dubbi sulla grandezza della famiglia Salviati prima e dei Borghese poi, era ed è sicuramente la Galleria Monumentale o Salone delle Feste: un gioiello architettonico e artistico che lascia estasiati; duecento metri quadrati di affreschi, stucchi, bassorilievi, nicchie, statue, colonne e tendaggi.

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Un’esplosione di fasto, di magnificenza, che ha reso Palazzo Borghese uno dei luoghi di rappresentanza del capoluogo toscano.Ed oggi, attraverso ricevimenti, matrimoni, presentazioni di famosi brand del Made in Italy, gala di beneficenza di prestigiosi Circoli privati, Palazzo Borghese ha rievocato tutta la sua destinazione nobiliare.

Fonte: http://www.tamaragorimariage.com

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Mondo Abitare collabora con Tamara Gori Mariage